Estate in Albania - Griver a Shengjin

Data pubblicazione: 5-feb-2012 16.22.31

Griver a Shengjin 12-26 luglio 2003

Alcune testimonianze del Gruppo di volontari della Dorotina di Mozzo (Bg), Bergamo e Vicenza: don Giuseppe e suor Luisa con Alessandra, Elena, Elisa, Francesca, Francesco, Giuliana, Ida, Luca, Patrizia, Riccardo

Ida

Potrei parlare di ciò che l'esperienza in Albania ha significato per me per pagine e pagine dato che sono davvero infinite le cose da raccontare. Infatti potrei parlare di cosa e di chi mi ha spinto ad andare in Albania; oppure potrei perdermi nel raccontare tutto ciò che è accaduto nella missione di Shenjin in quelle due settimane così intense che mi è sembrato, in realtà, fosse trascorso molto più tempo. E, allora, perché non parlare di cosa mi aspettavo e di cosa invece ho trovato e provato.

Se dovessi davvero scrivere tutto, correrei il rischio di perdere l'attenzione delle persone interessate, ma soprattutto, sono sicura che rimarrebbe in me sempre la sensazione di aver tralasciato qualcosa di importante da dire.

Così mi limito solo a ciò che mi preme davvero tutti sappiano, cioè le molte cose che ho appreso da questa esperienza formativa così intensa e così arricchente.

Ho appreso che esiste un diverso modo di vivere, un vivere pienamente e consapevolmente le scelte che si fanno e le situazioni che si presentano. Un modo di vivere differente perché si crede non solo in ciò che si pensa, ma anche e soprattutto in ciò che si cerca di realizzare. Questo permette di essere profondamente coinvolto da quello a cui ci si dedica.

Ho compreso che esiste un altro "ALTRO": colui che vive nel suo paese, nella sua cultura e nella sua storia...e questa volta sono io l'intrusa e l'estranea. In questo modo ho avuto la possibilità di riconsiderare il concetto di rispetto della persona in quanto tale, del suo modo di vivere e del suo modo di pensare.

E così ho conosciuto un' altro tipo di ricchezza, non quella materiale che si possiede, ma quella totalmente gratuita che si riceve dalla semplice vicinanza all'"ALTRO", dal cercare di conoscerlo per chi è e per come ci viene incontro, senza avere la pretesa di volerlo dominare o possedere in qualche modo. Si tratta di un arricchimento reciproco e nonostante tutto però rimane sempre forte la sensazione di aver ricevuto molto più di quanto si è dato. Ma ho imparato molto anche di me stessa. Ho scoperto che si possono vivere emozioni fortissime, sia positive che negative e nella ricerca di me stessa, ho tentato di osservare in che modo assecondavo o dominavo queste sensazioni. Ho riscoperto un po' quel mondo interiore fatto di pulsioni ed istinti che spinge a provare nuove esperienze e a rischiare, ma che sentivo quasi stordito dalla abitudinarietà del mio vivere.

Ho conosciuto quelli che sono per me nuovi limiti e nuove capacità emerse nel momento in cui ho dovuto affrontare e gestire situazioni non abituali, anche di conflitto, che si sono create.

Infine ho scoperto uno degli scopi della mia vita: quello di dedicarmi all'"ALTRO", perché è nel semplice sorriso di un bimbo o di una bimba a cui si è dedicato un po' del nostro tempo, nella carezza di sostegno e conforto di colui che comprende il tuo impegno e lo apprezza, che per me risiede la soddisfazione per ciò che si è fatto ed è da ciò che per me nasce quell'entusiasmo che sa guidarmi nell'agire.

Concludendo, per tutto questo ringrazio don Giuseppe che mi ha messo a conoscenza di questa importante opportunità e ha insistito perché la vivessi. Ringrazio suor Assunta, suor Rosa, suor Fernanda e suor Lorenza che ci hanno ospitato nella missione sostenendoci e dimostrandoci un grande affetto, una profonda dolcezza e sensibilità e una infinita simpatia. Infine ringrazio i miei genitori che mi hanno permesso di vivere quelle due settimane che sono risultate assolutamente importanti per la mia formazione.

Alessandra

Lo stereotipo comune che noi italiani esibiamo ogni qualvolta parliamo degli albanesi è quello di considerarli un popolo di ladri, assassini, mafiosi e sfaccendati, in quanto le nostre cronache nere riportano spesso le "disavventure" degli immigrati di questo popolo in Italia. Ma sarà davvero così? Gli albanesi sono davvero tutti dei "banditi" ? Per scoprirlo abbiamo deciso, per questa estate, di andare personalmente alla scoperta di questo paese così geograficamente vicino a noi e così legato a noi per il suo passato ed il suo presente.

E così partiamo, in treno fino ad Ancona e poi via, attraversiamo l'Adriatico in nave sbarcando a Durazzo.

Per tutto il viaggio fantastichiamo su quello che troveremo, su come saranno le persone e il paese dove andremo; quando scendiamo dalla nave al porto di Durazzo il paesaggio che ci troviamo davanti ci fa subito capire che siamo giunti in un altro mondo, in un'altra realtà rispetto a quella in cui viviamo ogni giorno : ci sono bambini piccoli e tristi che ci chiedono l'elemosina, grandi palazzoni grigi e diroccati, tutto sembra immobile e fuori dal tempo. Poi, dopo essere riusciti a trovare Diego ( il nostro ex professore di religione che ci ha accompagnato in questa avventura ), ci dirigiamo in macchina verso Shengjin, un paese circa 70 km a nord di Durazzo e vicino al confine con il Montenegro, dove si trova la missione di suore del Sacro Cuore che ci ospiteranno.

Shengjin è un paesino sul mare con case vecchie e fatiscenti, attraversato da un'unica strada ai cui lati ci sono montagne di spazzatura fumante, dove mucche e cani cercano in continuazione qualcosa da mangiare.

Noi, assieme ad un gruppo di bergamaschi e a delle ragazze del posto, abbiamo fatto da animatori ai bambini del paese che ogni giorno venivano dalle suore, facendoli giocare e divertire, ma allo stesso tempo riflettere sul Vangelo che veniva letto ogni giorno da don Giuseppe, il prete che accompagnava gli altri ragazzi di Bergamo.

Senza alcun dubbio l'aspetto più positivo di questa esperienza è stato quello di aver lavorato con i bambini poiché, nonostante fossero poveri e senza alcuna prospettiva, ci hanno accolto e dimostrato tutto il loro affetto e la loro allegria.

Affetto e allegria che non mancavano certamente nemmeno ai bambini delle "baracche", definiti così perché vivevano nel quartiere più povero di Shengjin, erano cioè i "poveri dei poveri".

E' veramente difficile esprimere a parole le emozioni che gli sguardi e i sorrisi di quei bambini ci hanno regalato, è difficile descrivere ma anche accettare le condizioni in cui quei bambini erano costretti a vivere, senza alcuna possibilità di studiare per migliorare la loro vita, senza alcuna reale prospettiva per il futuro.

Che colpa hanno questi bambini ? Perché sono nati lì e vivono in quelle condizioni ? E che merito abbiamo noi per vivere qui ?

Lo sguardo e il sorriso di questi bambini, questa è l'Albania che abbiamo conosciuto e che porteremo sempre con noi. Uno sguardo che ci costringe a pensare di essere fortunati ad avere tutto quello che abbiamo, magari nel ricordo di chi, come Fortunato, nonostante avesse la mamma prostituta ed il padre ricercato dalla polizia internazionale, chissà dove nel mondo, riusciva comunque a sorriderti, stringendoti forte la mano per la paura di venire abbandonato.

E se un giorno ci troveremo a dire di voler affondare a cannonate le navi di profughi che arrivano nelle nostre coste, cerchiamo prima di pensare che su quelle navi ci potrebbe essere chi, come Fortunato, vive in una baracca e desidera solamente un po' di affetto.

Elisa

Ho riletto alcune delle pagine del diario che ho scritto mentre ero a Shengjn, pagine che raccontano le mie emozioni, quelle da "pelle d'oca"...

14 luglio:"Ieri, primo sorriso di una bimba, dopo aver giocato insieme nel mare è passata sul bagnasciuga e mi ha salutato"; "E ancora l'indefinibile girotondo tutti quanti insieme per poi giocare al gatto e il topo, e quel bambino timido, in cui mi sono rivista tante volte, che alla fine ha accettato la mia mano ed è venuto a giocare"...

15 luglio:"Quando sono arrivata alle baracche e mi sono accorta che Alda e le sue amiche stavano aspettando proprio noi mi sono commossa"...

16 luglio:"Dopo un pomeriggio alle baracche mi sento caricaaaaaa!" Sembrano banalità, ma provate a viverle.

Elena

[...] Anche noi abbiamo camminato su questa strada, quando nel pomeriggio siamo andati a giocare con i bambini delle baracche. Una strada lunga, dissestata, coperta di sassi aguzzi e pericolosi, tutta sotto il sole battente. E' stupendo e sempre emozionante ripensare a questa strada ... Partendo dalla prima casa delle baracche, dove lasciavamo il furgone, fino al campo di terra battuta in cui si svolgevano i giochi, pian piano era come se tante piccole gocce d'acqua si unissero per formare un grande e movimentato fiume! Lungo questa strada i bambini ci aspettavano, non vedevano l'ora che arrivassero le cinque per giocare con noi, ci venivano incontro, si univano al nostro allegro coro, spuntavano come folletti da ogni cantuccio e camminavano con noi. Partivamo in dieci e alla fine, voltandoci a guardare, ecco: un fiume di 60/70 bambini, anche piccolissimi, tutti per mano ... un'immagine stupenda! Con noi avevamo solo qualche pallone, una corda e delle costruzioni, ma la gioia di quei bimbi di poter trascorrere qualche ora in allegria era immensa e ha riempito anche il nostro cuore di tenerezza e carica vitale. Tornavamo in missione stanchi fisicamente, ma con il cuore colmo di gioia e entusiasmo, anche noi desiderosi che l'indomani arrivasse presto, per incontrare di nuovo quelle meravigliose creature.